Racconto4

Una storia avvincente ed emozionante; il desiderio di abbandonare il passato e vivere un nuovo presente, con forza e determinazione… il tutto accompagnato dalla bellissima e affascinante presenza delle montagne, le complici migliori all’ interno di questo coinvolgente scenario.

“Lacrime di neve”

Procedeva lentamente, molto lentamente e sentendo il gravoso peso dell’ enorme zaino sulla schiena… solo quel peso… unicamente quel peso.
Guardava il sentiero davanti a lei, gli occhi fissi a terra e massima attenzione a dove metteva i piedi, per condurli in modo sicuro e deciso tra le radici sporgenti, le pietre mobili e i rami sparpagliati quasi in maniera maestrale sul percorso, mentre solo pochi accenni di neve congelata rimanevano inesorabilmente ancorati al terreno.
Respirava profondamente… ormai erano già quasi tre ore che camminava ininterrottamente e adesso sentiva il bisogno di fare una pausa.
Uscita dal bosco, cercò uno sperone roccioso più grande degli altri e si avvicinò; lasciò andare lo zaino a terra, si sedette e portò la testa indietro.
Ammirò il cielo sopra di lei, mentre l’ azzurro intenso, che l’ aveva accompagnata fin dalle prime luci dell’ alba, stava lasciando il posto ad un lieve grigio, cosparso da piccole nuvole per adesso innocue.
Dopo alcuni minuti si alzò, zaino sulle spalle e riprese a camminare.
Manteneva l’ andatura costante, quasi monotona o ipnotica… desiderava non pensare a niente e procedere in quel modo, probabilmente, l’ avrebbe aiutata… magari fosse riuscita a cancellare qualunque pensiero!
Si guardò intorno… i contorni scolpiti nella roccia delineavano le forme inconfondibili delle montagne che si alternavano davanti ai suoi occhi, occhi rapiti ad ammirare il colore di quella nuda roccia che a stento usciva dal bianco intenso, quasi accecante, della neve sulle vette più alte.
Adorava quei panorami e adorava perdersi in tutta quella bellezza, che non si stancava mai di stupirla e rincuorarla… ma adesso non era certa che sarebbe bastata per la situazione che stava, suo malgrado, vivendo.
Era cosciente che ci sarebbe voluto ben altro e di ben altra intensità per superare il difficile momento che la vita le aveva incollato addosso.
Scrollò il capo… doveva smetterla di crogiolarsi in quei pensieri.
Inspirò profondamente e vide l’ alone del suo respiro fuoriuscire dalle sue stesse labbra a causa della temperatura, sempre più bassa.
Avvertì il respiro affannoso… anche la ripidità iniziava a farsi accentuata.
A tratti era costretta a trovare sostegno grazie ai rami sporgenti, ai quali si appoggiava e che usava come appiglio, sperando nella loro solidità… almeno nella solidità di quegli spogli e inanimati rami.
Un’ altra ora di cammino la portò ormai sulla neve abbondante e fresca; sentiva già gli scarponi sprofondare all’ interno di quel tappeto morbido… mentre i primi piccoli fiocchi di neve venivano ormai giù da un cielo grigio, adesso forse fin troppo mescolato al bianco.
Si concesse solo dieci minuti di pausa per consumare un veloce panino… in piedi e senza nemmeno voglia di finirlo, ma doveva mettere qualcosa nello stomaco se voleva procedere senza problemi.
La sera prima aveva sentito una forte esigenza di abbandonare tutto e tutti e di andare nell’ unico luogo in grado di donarle un po’ di pace; non aveva impiegato troppo tempo a decidere dove… ogni dove in montagna sarebbe andato bene e alla fine scelse quel percorso, a lei sconosciuto, ma che più volte si era ripromessa di fare e che l’ avrebbe condotta prima ad un piccolo rifugio e poi sulla vetta della montagna di fronte.
Era cosciente che avrebbe incontrato neve e, dal pomeriggio, era previsto un principio di peggioramento del tempo, ma non pensava tutta quella neve e nemmeno quel repentino cambio di cielo che, adesso, si infittiva sempre più di quel bianco intenso tanto da distinguere a fatica dove finisse il manto nevoso a terra e dove iniziasse quello del cielo.
Avrebbe fatto meglio a tornare indietro?
Annuì… forse sì… ma il rifugio non doveva essere troppo lontano e lì avrebbe trovato ristoro per un po’, almeno fino a quando le condizioni del tempo le avrebbero permesso di tornare giù.
Procedeva sempre più lentamente, con gli scarponi che a ogni passo ormai scomparivano nella neve che le copriva oltre metà polpaccio.
Faceva davvero molto freddo, sentiva già le mani intorpidite sotto i guanti e il viso ghiacciato sulla punta del naso, la fronte e le guance.
Si guardò intorno cercando di mettere a fuoco… inutile… non riusciva a vedere nulla, nonostante il panorama fosse sgombro da alberi o ostacoli paesaggistici… la fitta nebbia si mescolava alla neve, ormai copiosa.
Annuì… sì, avrebbe dovuto tornare indietro prima… molto prima…
Ma adesso non aveva altra scelta se non continuare a camminare, un po’ con l’ aiuto dell’ istinto, un po’ con l’ aiuto del cellulare che l’ avrebbe guidata fino al rifugio; lo estrasse… inspirò… niente campo… prevedibile.
Ciò che non aveva previsto era di trovarsi in una situazione come quella.
Ritirò il cellulare nella tasca e si lasciò scappare una risata nervosa.
… perfetto! … e soprattutto in linea con il periodo che stava vivendo!
Chiuse gli occhi inspirando profondamente quella stessa aria gelida che sembrava a tratti anestetizzarle l’ interno del naso e della gola.
Continuò a camminare, trascinando il suo corpo in quella che adesso stava esattamente assumendo tutte le sembianze di una tormenta di neve.
Il respiro si fece più difficoltoso… sia per lo sforzo sia per la paura che, nonostante cercasse di mascherare, cominciò a prendere il sopravvento.
Stava procedendo su un percorso che ormai aveva perso, di cui non vi era più alcuna debole traccia, sfidando una tormenta di vento e neve e il tutto senza riuscire a vedere nulla… quindi dispersa nel bel mezzo del niente!
Più di qualche sussulto la colse impreparata… no, non doveva piangere!
Adesso aveva bisogno di tutto il coraggio e la concentrazione possibili!
“Christine!” gridò a se stessa… “Ce la puoi fare!”
Urlò fino a sentire l’ eco della sua voce rincorrere il forte vento… un grido liberatorio che le permise di procedere, seppure a fatica.
Ma a ogni passo diventava tutto sempre più difficile… quasi impossibile… stava per cedere, sentiva ormai le ginocchia tremare e le gambe venire meno, quando all’ improvviso spalancò gli occhi…
Non riuscì a parlare, indicò con mano tremante qualcosa davanti a lei.
Una piccola casetta ormai già coperta dalla neve si imponeva ai suoi occhi, a poche centinaia di metri.
Si avvicinò e, a mano a mano che procedeva, la costruzione diventava un po’ più visibile e un po’ meno confusa con il resto del paesaggio.
“Sì!” .. era di sicuro il rifugio che aveva finalmente raggiunto.
La neve aveva già coperto tutto il tetto ed era arrivata a metà dei lati delle pareti esterne; invece la porta d’ ingresso, potendo contare sul riparo di una tettoia, era stata risparmiata da quella nuvola bianca e solida.
Si avvicinò e allungò la mano per spingerla verso l’ interno… si sorprese a sperare con tutta se stessa di non trovarla chiusa.
Toccò appena il legno grezzo e consumato e… sorrise… si era aperta!
Sentì scricchiolare le suole degli scarponi sul pavimento di legno datato, mentre l’ interno si affacciò prepotente con quel suo buio di benvenuto.
Niente luce… solo due minuscole finestre attraverso le quali trapelava una fievole luce che le permetteva solo di camminare senza inciampare.
A poco a poco il buio si fece meno insistente… la differenza con l’ imponente colore bianco accecante della neve aveva costretto i suoi occhi a prendersi qualche minuto in più per riuscire a visualizzare l’ interno di quella casetta, che però le appariva ancora parecchio scuro.
Estrasse il cellulare… sarebbe servito almeno per fare un po’ di luce.
Portò la torcia all’ altezza del viso e cercò in giro qualcosa che potesse assomigliare a una lampada o a qualunque altra fonte di luminosità.
Sorrise… su un ripiano era appoggiata una vecchia lampada; corse a prenderla, provò ad accenderla e la luce si materializzò in maniera quasi palpabile da quell’ oggetto più che datato e inanimato.
Inspirò… la situazione era già migliorata… era al coperto, aveva la luce di una lampada e nello zaino il powerbank per caricare il cellulare sperando che ci fosse campo e, infine, un po’ di scorte di mangiare che le avrebbero garantito una tranquilla permanenza fino a che le condizioni del tempo non le avessero concesso di riprendere la via del ritorno.
Si guardò intorno… quel rifugio era davvero minuscolo, molto più piccolo di quanto se lo era immaginato prima di partire per quella salita.
Quattro pareti che necessitavano di una stuccatura e di una tinteggiatura fresca, due finestrelle con vetri opachi, forse più sporchi che opachi, un tavolo di legno al centro con due sedie traballanti e, sulla parete di fondo, un vecchio camino… un vecchio camino!
Il camino voleva dire fuoco e fuoco voleva dire caldo… caldo!
Si mosse alla ricerca di qualche ceppo di legno… se era presente un camino, non era assurdo pensare che ci potesse essere anche la materia prima per accenderlo!
Cercò fiduciosa e speranzosa e… sì… ecco comparire qualche ceppo di legno all’ angolo di due di quelle pareti.
Ne prelevò qualcuno e lo posò dentro il camino, dove la presenza di un mucchietto di cenere le confermò il fatto che quel rifugio non fosse abbandonato e, probabilmente, qualcuno era stato lì di recente.
Certo il camino e i ceppi erano un gran risultato ma non potevano bastare, se considerava il fatto che non aveva mai acceso un fuoco senza l’ aiuto di un accendino o di un fiammifero… e ora?… bella domanda…
Sfregare i ceppi fino a farli accendere le era già sembrata un’ idea abbastanza assurda, che aveva liquidato in meno di cinque secondi, ma adesso aveva bisogno di una soluzione.
Guardò in direzione della mensola sopra il camino… non aveva visto in un paio di film qualche personaggio passare lì la mano e prendere una scatola di fiammiferi? Magari era una consuetudine lasciarla lì.
Non aveva nemmeno concluso quel pensiero che la sua mano, lasciata scivolare esattamente nello stesso modo, aveva toccato qualcosa…
… non qualcosa… precisamente una scatola di fiammiferi!
Si apprestò ad estrarne uno e, dopo averlo strisciato con le mani ancora tremanti per il freddo, vide apparire la piccola fiammella che, appoggiata vicino ai ceppi, ne incendiò in pochi istanti il legno secco.
Immediatamente l’ ambiente fu irradiato da una rapida luce scoppiettante che divulgò un tiepido calore che arrivò a scaldarle il viso e le mani.
Si concesse qualche profondo respiro… andava già meglio…
Avvicinò le due sedie al camino; tolse giacca e pantaloni, rimanendo con maglietta e leggings termici asciutti; sistemò lo strato esterno bagnato dalla neve su una di quelle sedie in modo che si asciugasse e, infine, si sedette sull’ altra sedia con le braccia allungate e le mani vicino al fuoco.
Che meraviglia sentire il tepore partire dalle dita e farsi strada lungo le braccia che, a poco a poco, si scaldavano ed era anche meraviglioso sentire lo scoppiettio del fuoco ardere nel camino… rimase quasi ipnotizzata ad osservare le diverse fiammelle muoversi come in una finta danza di colori che si alternavano tra il giallo, l’ arancione e il rosso…
… adesso i suoi occhi stanchi faticavano a rimanere aperti… più di una volta dovette destarsi e riprendere la coscienza vigile.
*** “Buongiorno Christine, si accomodi” e le indicò una sedia davanti a sé.
“Sono venuta subito” era preoccupata. “La ringrazio” le sorrise lui.
Il direttore della banca della loro piccola cittadina aveva conosciuto prima i genitori di Christine, due grandi lavoratori, e poi anche lei, una giovane donna, seria e motivata; anche per questo aveva fatto il possibile per aiutarla ad ottenere un prestito l’ anno precedente, nonostante le garanzie portate non fossero del tutto sufficienti.
“Non vorrei dirle quello che sono costretto a dirle…”
La telefonata dell’ uomo l’ aveva messa in allarme… tanto che aveva lasciato il suo piccolo negozio per sapere cosa dovesse comunicarle di ‘importante’, così come le aveva accennato al telefono.
“Purtroppo la sede centrale della banca ha revocato il suo prestito…”
Christine aggrottò la fronte… revocato… ripeté mentalmente, incredula.
“Sono stati contabilizzati diversi prelievi nell’ ultimo mese sul conto corrente che lei ha portato come garanzia e che la banca ha accettato… in via del tutto eccezionale… per concederle il prestito 10 mesi fa”.
Christine non capiva… scosse il capo… “no… deve esserci stato un errore… sono cosciente che quel conto corrente fa da garanzia, quindi non prelevo un soldo da parecchio tempo… glielo assicuro” precisò.
Anche l’ uomo era in difficoltà… le porse un foglio fresco di stampa, che riportava effettivamente tutti quei prelievi.
Ingoiò a fatica, mentre cercava di capirci qualcosa in più.
“Venendo meno quei soldi a garanzia, la banca ha deciso di interrompere il prestito” cercava le parole giuste… ma davvero esistevano e, se esistevano, le avrebbe trovate?… “la banca terrà l’ immobile per il quale ha prestato a lei i soldi, ma le toglie la possibilità di estinguere il prestito… venendo meno quell’ unica garanzia, spera di non perderci i soldi, mettendo all’ asta l’ immobile.”
La donna spalancò gli occhi… “all’ asta? Il mio negozio all’ asta?”
“Mi dispiace… io ho fatto il possibile per evitarlo e ho chiesto di darle la possibilità di continuare a pagare, almeno qualche altro mese” scosse il capo… “ma mi è stato rifiutato qualunque tentativo…”
“Ma io ho sempre pagato le rate…” insistette.
“Il problema è il venir meno della garanzia; lei sa come spiegare quei prelievi?”
Christine alzò gli occhi al soffitto, poi li chiuse… annuì amaramente.
Purtroppo poteva immaginarlo… non avrebbe mai voluto, ma purtroppo sapeva perfettamente chi e, probabilmente, anche il perché.
Rimase in silenzio qualche secondo… o qualche minuto… non sarebbe mai riuscita a ricordare il tempo trascorso tra quel dialogo e la stretta di mano che la liquidava sulla porta d’ ingresso di quell’ ufficio.
Ma ricordava perfettamente che era entrata in macchina, aveva girato la chiave per accenderla… poi l’ aveva spenta e si era ritrovata con la testa appoggiata al volante mentre un fiume di lacrime le inondava già il viso.
***
Uno scatto improvviso delle gambe la costrinse a destarsi da quei ricordi, tornati a tradimento mentre si era assopita sulla sedia davanti al camino.
Stava ancora piangendo… più di qualche lacrima le raggiunse le labbra.
Aveva risparmiato tanto per riuscire ad aprire quel piccolo negozio di fiori e articoli da regalo, che in pochi mesi era diventato la sua vita.
Trascorreva lì tutte le sue giornate, ma non le pesava… le clienti erano la sua nuova famiglia e lei era davvero soddisfatta e serena.
Chiuse gli occhi… aveva commesso solo un errore… solamente un errore… ma che si era rivelato la causa di tutto…
Ma non poteva incolparsi.. si era fidata… e quella fiducia le era costata un prezzo fin troppo alto… portò le mani alla testa… e adesso?
Un colpo improvviso la fece sussultare sulla sedia… prese la giacca, la infilò e corse verso la porta che si era spalancata senza motivo e adesso stava sbattendo, mossa dalla forza incontrollata del vento.
Cercò di avvicinarsi sfidando la bufera che entrava… afferrò la porta che le sfuggì di mano… riprovò con più forza, ma niente… il legno gelido le scivolò nuovamente dalle mani e quello stesso forte vento, adesso ancora più forte, lo sbatté più volte contro la parete.
Si inginocchiò… ormai non aveva più nemmeno l’ energia per mantenersi in piedi… sentiva le forze venire meno… sempre meno…
Si ritrovò a terra e a terra rimase mentre con le mani accennò a coprirsi il viso… le tolse immediatamente… cosa importava?…
Lasciò che le morbida neve, adesso sferzata dall’ incontrollabile vento, la colpisse sulla pelle del viso… poteva avvertire quei sottili pezzettini di ghiaccio raggiungere inesorabilmente e con potenza le guance, il naso, la fronte… ma non le importava, desiderava solo piangere… senza fatica… senza timore… senza freno… lacrime mescolate a quella bianchissima neve che arrivava direttamente dal cielo.
Fu un pianto molto più che liberatorio… domando gli ultimi singhiozzi, si fece forza sulle gambe e si sollevò da terra.
Prese la porta con tutta la determinazione di cui era capace e la spinse contro la tempesta, facendo leva sui piedi, ancorati al pavimento.
Sentì il click dello stipite e della vecchia serratura… sospirò.
Tolse la giacca, si asciugò il viso con la manica della maglietta e si avvicinò di nuovo al fuoco, inspirando ed espirando profondamente.
Si rese conto che quella tormenta non si sarebbe placata a breve e cominciò a maturare l’ idea di doversi fermare in quella piccola baita più a lungo… probabilmente anche per la notte.
Valutò il contenuto del suo zaino, che contava una felpa, una sciarpa e dei guanti extra, un panino, un po’ di frutta e degli snack… potevano bastare fino alla mattina successiva, ma doveva trovare un modo per sdraiarsi e riposare almeno qualche ora dell’ imminente notte.
La sua attenzione fu attirata da una panca, piuttosto grossa, abbandonata lungo una parete… appoggiando la felpa e coprendosi con il giubbotto asciutto avrebbe risolto il problema di crearsi un letto improvvisato.
Mangiò qualcosa di fronte al camino e poi preparò la panca.
Si stese… non comodo; chiuse gli occhi… di dormire neanche a pensarci.
Si mosse più volte, ma non per la posizione poco comoda… piuttosto per l’ affollamento dei pensieri, che non avevano intenzione di lasciarla in pace nemmeno per qualche ora… nemmeno per qualche minuto.
*** “David… sono Christine… di nuovo. Ti ho già lasciato almeno dieci messaggi!… richiamami appena puoi…”
Buttò il cellulare sul divano e si sedette accanto… sbuffò vigorosamente.
Appena il cellulare prese a suonare, lo afferrò e lo portò all’ orecchio.
“Christine” la voce era appena accennata.
“Finalmente!! David!! Ma che fine hai fatto?” era arrabbiata.
Il cellulare restò muto… perfetto… avrebbe iniziato lei!
“Ma che cosa hai combinato? Vuoi rovinarmi? Anzi… vuoi rovinarci? Mi devi delle spiegazioni e me le devi adesso!” gli intimò.
“Credo… credo….” non riusciva nemmeno a parlare.
“Che cosa credi?” “Credo non sia possibile… sono all’ aeroporto.”
Lei sgranò gli occhi “all’ aeroporto?” si concesse una risata nervosa.
“Mi dispiace, Christine, ma non ce la faccio… sai come sono fatto.”
Ah… lo sapeva molto bene come era fatto…
“David…” cercò di controllare la voce “tu sei tornato un anno fa dal tuo girovagare per il mondo, dicendo che eri cambiato e che volevi sistemarti definitivamente e mi hai pregato di coinvolgerti nell’ apertura del mio negozio, raccontandomi quanto avessi lavorato all’ estero e io ti ho creduto” inspirò “ho voluto crederti… non so nemmeno io il perché!”
Gli occhi le si riempirono di lacrime… certo che sapeva il perché.
David era il suo unico fratello, un fratello minore un po’ scapestrato e, dopo che i suoi genitori se ne erano andati, lui rimaneva l’ unica famiglia per lei; per questo aveva voluto credere con tutta se stessa che fosse maturato e aveva voleva aiutarlo… come aveva spesso fatto.
E così lo aveva coinvolto nel suo progetto, che prevedeva il libero accesso al conto corrente che i loro genitori avevano lasciato.
“Cosa hai fatto con i soldi prelevati?” desiderava risposte.
“Dovevo restituire dei soldi a degli amici.. e poi..” “… e poi cosa?!”
“Ho comprato il biglietto aereo…” concluse.
“E per andare dove?… anzi, no, non me lo dire… non mi interessa!”
“Sorellina, ti prego… cerca di capire… io sono uno spirito libero… ci ho provato, credimi… ma non riesco a fermarmi in un posto a lungo”.
“Invece no, non ti capisco e quello che so è che te ne vai lasciandomi nei guai, perché il prestito mi è stato tolto e il negozio sarà messo all’ asta.”
“Non volevo causarti problemi… tieni i soldi… tieni tutti i soldi che sono rimasti nel conto corrente… non sono tanti ma io non voglio niente…”
Pausa di silenzio “… devo imbarcarmi, sorellina… ti voglio bene… ciao.”
Christine non riuscì a pronunciare parola… sentì solo il cellulare perdere la connessione, mentre lei lo lasciava scivolare tra le mani… lo seguì con lo sguardo fino a che cadde a terra… senza fare rumore.
***
Come aveva fatto a fidarsi di suo fratello? Come, dopo anni di arrivi e repentine partenze?…non doveva incolparsi, lo aveva fatto in buona fede.
Si girò per l’ ennesima volta su quella panca sempre più scomoda… fino a quando, complice la stanchezza, la mente esausta e il tepore finalmente acquisito, lasciò andare i suoi sensi all’ oblio della notte.
Furono i primi potenti raggi del sole a svegliarla.
Stirò gambe e braccia e mosse il collo… niente indolenzimento che aveva già messo in preventivo dopo la notte su quella panca.
Si affacciò alla finestra… spalancò gli occhi.
Anche se la visuale era molto limitata, riusciva a vedere il sole che era già alto nel cielo, che si era imposto con un intenso azzurro sul grigiore e il bianco del giorno precedente… si sorprese a sorridere… come mai?
Aveva diversi motivi per piangere e disperarsi, invece stava sorridendo.
Non si chiese il perché, ma si concentrò sulla colazione… stese un fazzoletto di carta sul tavolo; scartò una barretta energetica e una brioche; appoggiò la borraccia con la quantità restante della tisana ormai fredda e senza gusto; si sedette e mangiò con calma e gusto.
Erano diversi anni che frequentava la montagna, non con costanza a causa del lavoro, ma abbastanza da sapere che la montagna era l’ unico luogo che le dava pace e serenità… su una vetta sentiva di stare bene, sentiva di essere felice e soddisfatta e, infatti, appena poteva, infilava gli scarponi e saliva, in solitaria e sperimentando sempre percorsi nuovi.
E probabilmente era il fatto stesso di trovarsi in montagna che le dava quel senso di pace, che adesso avvertiva senza il minimo dubbio.
Si preparò ad abbandonare quel luogo che l’ aveva messa e mantenuta al sicuro per tutta la notte… era arrivato il momento di tornare giù.
Aprì la porta e se la richiuse alle spalle; c’ era davvero tanta neve intatta!
Le era sempre piaciuta la neve… quei piccoli fiocchi morbidi che cadevano dal cielo… uguali alla vista ma diversi per forma e consistenza.
Portò lo sguardo davanti ai suoi occhi… rimase senza parole…
Una miriade di vette innevate si alternava quasi in un danza di forme e contorni invidiabili, quasi scolpiti dalla sicura e veloce mano di un artista… pendii rivestiti dall’ abito tondeggiante di un bianco eccezionalmente puro… distese quasi infinite di bellezza e meraviglia.
Il giorno prima non aveva realizzato lo splendore di quel luogo, annebbiato e sacrificato dalle condizioni del tempo.
Guardò dietro di lei… aggrottò la fronte, poi inarcò le sopracciglia.
Una costruzione più grande di quella piccola casetta si ergeva a pochi metri da lei ed era esattamente quello il rifugio che, per colpa della fitta nebbia, non era riuscita a vedere il giorno prima!
Si avvicinò… sembrava tenuto abbastanza bene.
Lo scrutò incuriosita… era deserto, le finestre sprangate, la porta chiusa con catenaccio… non era eccessivamente grande, probabilmente non arrivava a contare dieci camere, ma era molto carino e caratteristico.
Qualcosa attirò la sua attenzione… un foglio, un cartello colorato…
Si avvicinò… rimase più di qualche secondo ad osservare la scritta in pennarello nero su sfondo giallo… “cercasi gestore rifugio…”
Pensò che fosse un peccato che quel rifugio fosse chiuso…
Fu esattamente mentre aveva già iniziato a percorrere la discesa che qualcosa la portò a guardare in alto, poi verso le montagne e, senza neanche accorgersene, si ritrovò di nuovo davanti a quel cartello colorato, mentre scattava una foto al numero di cellulare impresso.
Perché quel gesto? Non se lo domandò e percorse tutta la discesa serenamente, fino alla sua auto, ferma al parcheggio dal giorno prima.
Sei mesi dopo…..
Procedeva lentamente, molto lentamente, cosciente di dover mantenere un’ andatura tranquilla in quanto i partecipanti all’ escursione di quella giornata non erano tutti abituati a percorsi impegnativi.
Ma non le pesava… anzi, aveva la possibilità di ammirare quei panorami che, anche se conosceva bene, riusciva a vedere ogni volta come nuovi.
Il verde rigoglioso e il colore imponente della roccia testimoniavano la sopravvenuta primavera, che aveva abbellito le montagne di nuovi colori.
“Eccoci arrivati, signori… siamo in vetta!” esordì.
Le piaceva vedere le espressioni esterrefatte delle persone davanti a quel paesaggio che aveva del meraviglioso.
“Posso farle una domanda?” chiese a un tratto una signora del gruppo.
“Certo” e attese di sentirla. “Ha sempre fatto la guida escursionistica?”
Lei sorrise… scosse il capo “no… non lo faccio da sempre” rispose.
“Strano… perché sembra davvero che non abbia mai fatto nient’ altro in vita sua… è così brava e competente.”
“Grazie… e lei è davvero molto gentile.”
“Di niente, è solo la verità, Christine” e si allontanò sorridendole.
Dopo un paio d’ ore tornarono al rifugio. “Molto bene, escursione terminata. Andate pure a riposarvi… ” consigliò “stasera è in programma la cena con i nostri prodotti tipici.”
Li guardò entrare nel rifugio e stava per allontanarsi, quando la stessa signora della domanda precedente si avvicinò.
“Come ha fatto a capire che questa era la sua vita?” le chiese.
Christine sorrise, poi rifletté qualche istante… “a dir la verità, non l’ ho esattamente capito” e virgolettò con le dita l’ ultima parola… “qualcosa di più forte e più potente di me ha fatto in modo che io lo capissi.”
La signora aggrottò la fronte “e quando è successo?”
Tornò indietro con la memoria… “sei mesi fa… esattamente sei mesi fa.”
Si sorrisero nuovamente e poi la signora entrò nel rifugio, dopo tutti gli altri, mentre lei si avvicinò alla costruzione più piccola… la stessa che l’ aveva accolta qualche mese prima durante quella tempesta di neve.
Entrò, sentendo scricchiolare il legno del pavimento sotto i suoi scarponi.
Guardò in basso e tornò indietro con la memoria.
Sei mesi prima, lo stesso giorno del risveglio in quel piccolo rifugio, aveva contattato il numero e aveva incontrato il simpatico vecchietto, rimasto solo, che cercava qualcuno che prendesse in gestione il suo rifugio; così erano partiti i lavori di ristrutturazione, che avevano potuto contare sui soldi rimasti sul suo conto corrente e sulla disponibilità dell’ uomo, che l’ aveva aiutata e continuava a farlo come se fosse sua figlia.
Aveva trovato la sua strada e l’ aveva trovata grazie alle montagne…
Si sfiorò le guance, ricordando quando erano state bagnate da quei potenti fiocchi di neve, che si erano mescolati alle sue lacrime.
Annuì, sorridendo… le montagne le avevano concesso la possibilità di cambiare vita… e l’ avevano fatto nel modo più insolito possibile… attraverso prima una tempesta di vento e neve che l’ avevano trascinata via dalla sua vecchia vita e dalle vecchie sofferenze e poi regalandole quel cartello con il numero di cellulare.
Uscì dal capanno degli attrezzi, alzò gli occhi al cielo, ammirò le montagne… mentre avvertiva un immenso senso di gratitudine.
Guardò verso il rifugio, verso l’ insegna che riportava una scritta intagliata nel legno; sorrise leggendola… Benvenuti al rifugio Christine.
Guardò e ammirò poi, di nuovo, le montagne davanti a lei… le sue montagne… con ancora più gratitudine.

**Racconto pubblicato in data 14 dicembre 2020**

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3 pensieri riguardo “Racconto4

  1. Molto bello, le descrizioni sono talmente ricche e realistiche che permettono di visualizzare quei posti. La trama come sempre non scontata e non pesante. L’ ho letto d. Un fiato , trascini sempre il lettore, in questo poi traspare tutto il tuo amore per la montagna. Brava come sempre al prossimo racconto

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  2. Ho finito di leggere il racconto…veramente bello…attraverso le descrizioni particolareggiate ci si immedesima proprio nella situazione. Brava complimenti!!

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  3. Bello.e’ riduttivo….l’ho letto immedesimandomi nel tuo personaggio.
    E in lei vedevo te anche se obiettivamente non potrebbe essere
    ….tu ferma in un rifugio….anche se fosse nel luogo più bello del mondo….no
    Un carissimo saluto

    Lorenzo

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