Racconto3

Una storia emozionante, ricca di sentimento e coraggio… il coraggio che ci vuole per ricominciare. Mantengo la speranza che il mio racconto possa regalarvi delle belle sensazioni, che potrete custodire all’ interno del vostro cuore.

“Un migliaio di sorrisi”

“Non lo voglio più vedere!” era sconvolta e non riusciva nemmeno a guardare la sua amica… le lacrime le impedivano di mettere a fuoco.
Catherine era una giovane donna di trent’anni, realizzata nel lavoro e, pensava erroneamente, anche nell’ amore.
“Come ho fatto a non accorgermene!”
“Non colpevolizzarti! Non ne hai motivo, mi devi credere. Qui l’ unico ad aver sbagliato è Mark” le disse l’ altra, porgendole un fazzoletto.
Mark era l’ ormai ex-fidanzato di Catherine, perché, dopo due anni di convivenza, lui l’ aveva tradiva con la loro vicina di casa!
“Non puoi continuare a stare male; ormai sono più di due settimane che lo hai lasciato e devi ricominciare a uscire e a crearti nuove amicizie” le consigliò, preoccupata di vederla sempre più chiusa in se stessa.
“Perché non vai in vacanza in qualche bel posto rilassante?” le propose.
Lei scosse il capo. “Non me la sento” ammise sconsolata.
“Passerà, concedi al dolore il tempo necessario per mollare la presa e a breve tutta questa storia sarà solo un ricordo” cercò di rassicurarla.
“Quando?” le chiese lei con un filo di voce.
“Presto… molto presto.”
Poco dopo Catherine accompagnò l’ amica alla porta, tornò sul divano e si sdraiò, portando un braccio davanti agli occhi per schermarli dalla luce della lampada, diventata all’ improvviso fin troppo fastidiosa.
Aveva vissuto gli ultimi due anni convinta di conoscere Mark e adesso sentiva solo un incolmabile vuoto.
Si lasciò andare, sprofondando lentamente all’ interno della morbida gomma piuma dell’ imbottitura e si addormentò tra le lacrime.
All’ improvviso si svegliò di colpo, ansimando e cercando di saziare la fame di aria, che l’ aveva colpita nel sonno, mentre si alternavano nella sua mente le immagini del suo ex-fidanzato con l’ altra donna.
Si asciugò il sudore dalla fronte… doveva smetterla di pensarci!
Chiuse gli occhi, mentre le lacrime tornarono a scorrerle sul viso.
Quando li riaprì, il suo sguardo fu attratto da qualcosa posato sul tavolino di fronte al divano.
Mosse la testa e cercò di focalizzare lo sguardo verso quella specie di dépliant accartocciato sul legno.
Ricordava di averlo preso dalla posta quella mattina e, senza neanche leggerlo, l’ aveva trasformato in una pallina di carta.
Tentò di stirarlo meglio che poteva e prese a leggerlo ad alta voce.
Avventura ai confini del mondo‘, portò gli angoli delle labbra verso il basso… ‘Messico… natura vera, divertimento e relax‘.
Lo lasciò andare a terra; poi si alzò, diretta al frigorifero.
Mentre beveva dell’ acqua, lo sguardo fu ancora attratto dalla brochure.
Ne rilesse di nuovo il contenuto, poi fissò un indecifrabile punto nella parete bianca davanti, mentre un sorriso le nacque spontaneo sul volto.
Corse al telefono, compose rapidamente il numero e, dopo vari minuti di conversazione, riattaccò.
Lei, che usava programmare tutto con almeno un mese di anticipo, aveva agito d’ istinto, prenotando un viaggio, del quale conosceva solo destinazione, data di partenza e garanzia di evasione dalla realtà.
I due giorni seguenti li trascorse a preparare l’ occorrente e il terzo giorno era già imbarcata sull’ aereo.
Non era sicura di cosa l’aspettasse; sapeva solo che avrebbe trascorso una settimana all’ insegna dell’ improvvisazione, nel contesto della natura intatta di un’ area sconosciuta del Messico incontaminato… sperava che quel luogo sperduto riuscisse a distrarla dalla fine della sua relazione.
Scese dall’ aereo e attese il pullmino sotto un sole accecante e rovente.
Accanto a lei poche persone, due coppie di mezza età e un gruppo di sei fra ragazzi e ragazze, che facevano fin troppo chiasso.
Sbuffò più volte e poi si sedette sulla valigia… come inizio non era per niente entusiasmante!
A un tratto accostò un automezzo, se così si poteva chiamare, e da quello scese una figura alquanto strana, con la barba incolta e i vestiti stropicciati… un tipo a dir poco trasandato.
“Salve a tutti” esordì “possiamo andare.”
Catherine spalancò gli occhi… era quello il loro pullmino?
Salì attenta a non sporcarsi e scelse uno dei primi sedili.
“Io sarò la vostra guida per i prossimi giorni; vi condurrò nella parte di Messico a molti sconosciuta.”
… interessante.
“Visiteremo resti antichi, luoghi naturali di una bellezza unica e vi insegnerò a entrare in contatto con la natura più profonda; tornerete arricchiti da questo viaggio” promise.
Catherine arricciò la fronte… non stava per caso esagerando?
Non le importava; a lei interessava solo non pensare per un po’ ai suoi problemi.
“Partiremo fra un’ ora” disse la guida alla fine del tragitto che li aveva portati davanti ad una sorta di punto ristoro.
“Quello sarebbe il nostro albergo?” gli chiese Catherine.
Lui la guardò incredulo, poi scoppiò a ridere. “Albergo?”
Sì, cosa c’ era di così divertente?… iniziava a innervosirsi.
“Questo albergo” virgolettò la parola con un gesto delle dita “è solo il punto di partenza, poi vivremo giorno e notte nella natura” le anticipò.
Lei sbarrò gli occhi… aveva capito bene?
Il dépliant non accennava minimamente a una cosa del genere!
“Deve esserci un errore. Io ho prenotato una vacanza compresa di avventura e mistero, ma anche di vitto e alloggio.”
“Allora doveva scegliere un hotel di lusso e non partecipare alla mia avventura. Comunque può chiedere qui al bar di telefonare e risolvere quello che io credo sia decisamente un fraintendimento” la osservò.
… che cosa voleva insinuare?
Lo guardò stizzita e poi entrò in quel fantomatico scalo per passeggeri frastornati, con una buona dose di rabbia e nervoso.
Aveva scelto una vacanza insolita, ma ora esageravano! Non avrebbe mai potuto dormire per terra e rinunciare alle più scontate comodità!
Provò a contattare il tour operator e, solo dopo un’ ora di snervanti richieste di spiegazione, riuscì a parlare con qualcuno dell’organizzazione, che immancabilmente la mise in attesa.
Stava perdendo la pazienza! Si trovava in mezzo alla giungla, in un viaggio al limite dell’ impossibile e nessuno le rispondeva!
“Ha risolto il suo problema?” sentì chiedere.
“Sto cercando di farlo!” rispose.
Riconobbe subito la voce e si voltò, immaginando di trovarsi davanti la stessa persona, non troppo simpatica, che si vantava di essere la loro guida in quella specie di prova di sopravvivenza o qualcosa del genere.
Indietreggiò con la testa; non era lui, ma un giovane più alto della media, abbronzato, capelli alle spalle e occhi neri.
“Scusi, l’ ho scambiata…” lo guardò e scosse la testa… non era possibile.
“Faccio un’ altra impressione senza barba, lo so; me lo dicono tutti.”
Era proprio la loro guida, ma molto diverso!
“E’ riuscita a parlare con chi può garantirle il soggiorno a cui aspirava?”
… la stava prendendo in giro?
“Mi sembra che ci sia un albergo a una trentina di chilometri da qui con centro benessere e tutto quello che di certo lei sta cercando.”
“Come fa a sapere cosa sto cercando?” chiese indispettita.
Lui sorrise. “Di certo non quello che propongo io” diede per scontato.
“E sarebbe a dire?”
“Avventura, divertimento, notti sotto le stelle, natura e, chissà, ritrovare anche la parte di se stessi, che si dà troppo per scontata; niente comodità o lusso… quindi, di certo, nulla che possa fare al caso suo” concluse.
“E chi lo dice?” l’ arroganza di quel giovane era a dir poco insostenibile.
“Non credo che lei sia abituata a tutto questo, quindi lasci stare; non vorrei che si rovinasse le unghie o la piega ai capelli” la stuzzicò.
… ma come si permetteva?
“Non ho unghie ricostruite né vado sempre dal parrucchiere e, comunque, non sarebbero affari suoi!” rispose arrabbiata.
“Pronto?” la voce dell’ operatore giunse in quel momento dal telefono.
“Signora, posso disdire subito la sua prenotazione e dirottare la destinazione…”
“No” lo interruppe Catherine “ho cambiato idea…” guardò il giovane con aria di sfida “credo proprio che mi lancerò in quest’ avventura” confermò.
… l’ aveva detto davvero?
Il giovane annuì poco convinto. “Ne è proprio sicura?” le chiese.
“Certo che sì! Cosa crede?”
“Io niente” precisò “prima di partire, però, le conviene indossare qualcosa di comodo e infilare un paio di scarpe da ginnastica… i tacchi non sono molto pratici qui” ironizzò.
Si sforzò di sorridergli e poi andò in bagno a cambiarsi.
“Molto bene” le disse lui, una volta pronta “ma c’è ancora un’ altra cosa.”
Catherine lo guardò spazientita… cosa voleva adesso?
“Non vorrà mica portarsi dietro tutta quella roba!” indicò la sua valigia “porti solo l’occorrente e lasci qui il resto; lo riprenderà al ritorno.”
… che cosa?… aveva già selezionato a fatica dal suo armadio lo stretto indispensabile e non andava bene?
Sbuffò vistosamente, ma non aveva intenzione di tirarsi indietro; aveva deciso che avrebbe affrontato quell’ avventura e così sarebbe stato!
Riempì lo zaino e se lo mise in spalla, sicura e convinta.
“Che cosa stiamo aspettando?” gli chiese lei con aria di sfida.
Il giovane sorrise e indicò ai partecipanti di seguirlo.
“Stia dietro di me; non vorrei averla sulla coscienza, se dovesse farsi male” scherzò.
… ce l’ aveva per caso con lei?… si domandò, storcendo il naso.
Si inoltrarono tra gli arbusti che diventavano sempre più fitti, mentre le grosse radici sporgevano minacciose dal terreno.
Catherine cercò di schivarle meglio che poteva.
Camminarono per un’ ora, forse anche di più… la parte di cielo, che si faceva largo tra il groviglio di rami, appariva serena e di un azzurro inconfondibile, mentre il sole primaverile padroneggiava l’ immensità, regalando all’ atmosfera una temperatura piuttosto alta, ma che ancora non si confondeva con l’ afa estiva e insostenibile.
Catherine respirò a pieni polmoni e le sembrò di riuscire a riempirli di ossigeno vivo.
A un tratto la guida si fermò e indicò un passaggio fin troppo stretto, ricavato nella vegetazione.
“Dobbiamo passare lì?” gli chiese.
“Ha un’ idea migliore per raggiungere il versante est?”
… versante est?… lei neanche sapeva di cosa stesse parlando!
Proseguirono lungo quella strettoia, che levava a tratti anche il respiro.
… quando mai le era venuto in mente di fare un viaggio simile!
Se proprio voleva fare una vacanza, non avrebbe fatto meglio a organizzare il tutto, senza lasciare nulla all’ improvvisazione e, soprattutto, senza lasciare nulla nelle mani di questa scapestrata guida?
Sbuffò, mentre sentiva le foglie umide bagnarle le spalle.
Si mosse sentendo un dolore alla schiena; fece una smorfia e sputò una foglia, che le era giunta inavvertitamente in bocca.
Ogni minuto che passava si pentiva sempre più di aver accettato quella sfida… lei non doveva dimostrare niente a nessuno!… scosse il capo.
E allora perché tutta quella smania di buttarsi in quell’ avventura?
Sbuffo nervosamente e alzò gli occhi al cielo e… spalancò lo sguardo davanti allo spettacolo, che solo adesso riusciva a mettere a fuoco.
Un’ immensa cascata di soffice schiuma bianca disubbidiva al corso del torrente e, sfidando l’ impressionante altezza, correva giù fino a rompersi sul terreno, dove decenni di solitaria abitudine avevano permesso alla morbida terra di modificare il proprio aspetto, creando un bacino di acqua cristallina, sulla superficie del quale veniva riflesso ogni più piccolo e lucente raggio di sole.
Non si udiva nulla, solo lo sciabordìo di quella potente acqua, che nulla riusciva a fermare e che annebbiava l’ atmosfera, tingendola di freddi spruzzi che rifrangevano i colori dell’ arcobaleno.
Catherine osservò rapita quella immagine d’ altri tempi, scattata dalla mano esperta di un fotografo alla disperata ricerca di qualcosa di unico.
Solo qualche esemplare alato andava a interrompere a tratti quella ipnotica armonia.
Dopo aver ammirato quello spettacolo, la guida riprese il cammino su un sentiero che terminava a metà cascata; solo allora si accorsero che il salto dell’ acqua lasciava un piccolo spazio tra se stesso e la roccia.
Si inoltrarono e raggiunsero l’ ingresso di una grotta buia e umida.
Procedettero stando attenti a non scivolare.
All’ improvviso l’ ambiente divenne più luminoso e una miriade di luci colorate presero a danzare, rimbalzando sulla volta di quel finto soffitto, ricavato maestralmente all’ interno di quella dimenticata caverna.
“La grotta non è completamente occlusa all’ esterno; sono presenti sottili fessure che permettono alla parte finale dei raggi del sole di raggiungere queste pareti sotterranee, dove la debole luce viene accentuata dal niente circostante… una sorta di sfida continua tra luce e buio” spiegò la guida.
Catherine era estasiata; mai aveva assistito a uno spettacolo eccezionale da mozzare il fiato in gola.
“Ci riposiamo, poi riprendiamo il cammino” disse la guida.
Quella giornata proseguì nelle vicinanze di quel luogo, dove visitarono alcuni resti di antiche costruzioni che spuntavano tra l’ erba alta.
Quando il sole accennò a tramontare, si apprestarono a montare le tende da campeggio; ognuno aveva dietro la sua, a parte Catherine, che dovette accettare quella in più portata dalla guida.
“Non ho ancora avuto modo di presentarmi formalmente” disse a un tratto il giovane, mentre cenavano con alcuni panini “mi chiamo Tyler e spero di regalare a tutti voi una vacanza indimenticabile.”
Dopo cena si ritirarono nelle tende, ma Catherine non si sentiva per niente a suo agio.
E come avrebbe mai fatto stesa su quell’ improvvisato letto a forma di materassino, in uno spazio di due o forse tre metri quadrati, dove mancava tutto, anche l’ aria da respirare?
Non poteva nemmeno contare sul silenzio, interrotto dai versi di chissà quali animali lì nelle vicinanze!
Chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi; ma, nel momento in cui ci riuscì, le tornò in mente l’ immagine di Mark e del tradimento.
Si alzò di scatto e uscì… aveva bisogno di aria e anche con urgenza!
Corse per parecchi metri, mentre le lacrime presero a rigarle le guance.
… poteva avvertirne il gusto fin troppo acre…
… che illusa! Aveva davvero sperato che partire le avrebbe permesso di dimenticare?… scosse il capo affranta…
“Va tutto bene?”
Trasalì al suono della voce e si asciugò veloce gli occhi. “Sì” rispose.
“Ne è sicura?” ribadì Tyler.
Catherine scambiò quella gentilezza per insistenza.
“Le ho detto di sì” ripetè fin troppo severa.
… non desiderava di certo parlarne con lui!
A un tratto fu invasa da uno sciame di insetti, o qualcos’altro, che le ronzò intorno insistente; si mise a gridare e iniziò a muoversi come in preda a una crisi isterica!
“Non si agiti; è il modo peggiore per mandarli via!” le consigliò Tyler.
Dopo essersene liberata, portò le braccia lungo i fianchi, esasperata.
“Non ce la faccio più!” gridò all’ improvviso.
… adesso era davvero troppo!
Aveva prenotato quella vacanza, sperando di rilassarsi e di dimenticare, ma ancora non aveva ricevuto il minimo beneficio; anzi, si ritrovava a dover combattere anche con odiosi insetti, umidità e prima notte insonne!
E il tutto condito con le immagini di Mark abbracciato all’ altra donna!
Si portò le mani al viso… desiderava solo andarsene da lì!
“Non fa per me, rinuncio!”
Tyler la guardò, cercando di leggere oltre quell’espressione sconfitta.
“Non so a cosa ti stai riferendo” era passato a un tono più confidenziale “ma so che il tuo non è mai il modo migliore per risolvere i problemi.”
Lo guardò furiosa, poi si concesse una risata nervosa.
“Ma cosa ne sai tu dei miei problemi?”
“Niente” precisò lui.
“E allora non arrogarti il diritto di intervenire nella mia vita!”
“Sto facendo questo?” le chiese.
… non lo sapeva… non sapeva più niente!
“Voglio solo andarmene via e tornare a casa!” pronunciò ad alta voce.
… era davvero esausta… e Tyler capì che stava soffrendo.
“Butta fuori tutto quello che hai dentro; se resta fermo lì, ti farà solo del male, credimi.”
“Che bel consiglio e dato da chi? Da una persona che vive ai confini del mondo reale, sperduto nella giungla, dove non ci sono i problemi della vita vera, che noi gente comune dobbiamo affrontare!”
“Pensi che per me sia facile solo perché vivo nella natura?”
“Evitare il contatto con il mondo di certo aiuta!”
Era arrabbiata, ma lui non c’entrava niente con i suoi problemi.
Stava per scusarsi, quando Tyler la anticipò.
“Mia madre ci ha abbandonati quando io avevo quattro anni” iniziò “e siccome mio padre doveva lavorare per mantenere noi figli, io sono cresciuto in strada, mangiando se e quando riuscivo” fece una pausa.
Catherine si pentì delle parole che aveva pronunciato poco prima.
“A ventisei anni mi sono sposato con quella che credevo fosse la donna giusta, ma dopo tre anni di matrimonio ho scoperto che mi tradiva e vuoi sapere come l’ho scoperto?”
Catherine abbassò lo sguardo.
“Un messaggio… un banalissimo messaggio sul suo cellulare! Così, una dietro l’ altra, sono venute fuori tutte le sue bugie e io sono rimasto con un pugno di niente!”
Lei lo guardò… aveva gli occhi lucidi.
“Ho vissuto nella menzogna e non me ne sono accorto! La mia vita è sempre stata una continua lotta contro qualcosa o qualcuno; quindi non venire a dirmi che non so cosa siano i problemi reali, perché credo di conoscerli e anche molto più di te!”
Forse aveva ragione, ma anche lei stava soffrendo, seppure per motivi differenti.
“Tu non sai niente di me, quindi non ti permetto di criticare il modo in cui io affronto le cose!” le lacrime presero a scenderle di nuovo.
“Non dare agli altri il potere di farti soffrire; se qualcuno lo fa, voltagli le spalle e pensa che ad averci perso è solo quella persona.”
Catherine ascoltò ogni singola parola.
“Sarai magari stata sconfitta, ma non sei una perdente. Provi rabbia? Va bene, allora grida tutto quello che hai dentro, finché non ti resta più nemmeno un filo di voce. Funziona, sai?”
Lei chiuse gli occhi… magari fosse così facile!
Quando li riaprì, Tyler non era più lì.
Si guardò intorno, poi allargò le braccia, mettendosi a gridare e cominciò ad avvertire quel macigno sul suo cuore rompersi di un frammento, alleggerendone il peso.
A un tratto scoppiò a ridere e, con il sorriso, tornò alla sua tenda, dove si addormentò quasi subito… non prima, però, di aver visualizzato dentro la sua mente gli occhi espressivi di Tyler.
Non si accorse nemmeno che l’ uomo era tornato dopo di lei, soddisfatto di averla in qualche modo aiutata.
Il mattino si apprestarono a rimettersi in cammino.
“Siamo tutti pronti?” chiese lui, guardandola con la coda dell’ occhio.
“Certo” rispose Catherine “anzi, muoviamoci senza perdere tempo!”
Tyler sorrise e si mise alla testa della comitiva.
Quella giornata prevedeva la visita a una piramide che sembrava emergesse al centro di arbusti e radici senza pari.
Catherine sorrise più volte a Tyler durante il giorno, per confermargli che rimanere era di certo stata la decisione migliore… lui rispose ogni volta con un ancora più invidiabile sorriso.
La sera si ritrovò un’ altra volta nello stesso luogo del giorno prima.
“Ti va una bibita fresca?” sentì chiedere nel silenzio della notte.
Lo guardò profondamente… certo che le andava, così come le andava di parlare ancora con lui.
Ripensò alla serata precedente. “Io ti devo delle scuse” accennò.
“Tu non mi devi niente” precisò lui “va bene così.”
Catherine lo osservò di nuovo. “Ma come ci riesci?” gli chiese poi.
“A fare cosa?”
Lei alzò le mani “ad essere così.”
Tyler sorrise. “E’ un complimento?” scherzò.
“Anche solo starti accanto infonde pace e tranquillità” gli rivelò.
“Hai affrontato una vita difficile e i problemi che ne sono derivati; ma sei sempre sereno e soddisfatto, probabilmente come la metà delle persone sulla faccia della terra non penserebbe mai di essere… come è possibile?”
“Non devi permettere ai problemi e al dolore di avere il sopravvento; devi guardare la vita con ottimismo e pensare che per ogni lacrima versata ti spettino almeno un migliaio di sorrisi.”
“Se fosse vero, tutta la mia vita, da adesso in poi, dovrebbe essere piena di risate” ironizzò.
“Lo sarà, se lo vuoi” le prese una mano e la appoggiò al suo petto “senti i battiti del mio cuore?” lei annuì “ogni battito è un miracolo, il miracolo della vita… qualunque cosa ti succeda, tu sei viva ed è questo quello che conta; io amo la vita, ne sono pazzamente innamorato e, quando provi questo sentimento, tutto ti sembra molto più facile e molto più bello.”
Catherine era rapita da quelle parole e avrebbe continuato ad ascoltarle tutta la notte, mentre osservava la sua mano tremare sul petto di Tyler.
Lo guardò e le sembrò quasi di sprofondare nella sua espressione sicura e decisa, ma anche dolce e tenera.
Avvertì il suo cuore accelerare i battiti; abbassò gli occhi imbarazzata.
… cosa le prendeva?
Non seppe rispondersi, ma desiderò continuare a sentire quell’emozione.
Rimasero ad ammirare le stelle, mentre Tyler le indicava quelle più luminose e solo dopo due ore Catherine rientrò nella sua tenda.
Si sdraiò, ma di dormire nemmeno a pensarci.
Chi era quel giovane, entrato all’ improvviso nella sua vita, che era riuscito a restituirle la gioia di vivere?
Si addormentò serena.
Catherine trascorse i giorni seguenti ad ammirare ciò che la natura aveva in serbo per lei e che Tyler riusciva a mostrare loro.
Di sera, invece, era diventata un’ abitudine ritrovarsi a parlare con lui, nel silenzio e lontani quel tanto che bastava per non essere disturbati.
L’ ultimo giorno lei sembrava distante.
“A cosa stai pensando?” le domandò.
“Al fatto che domani sarò di ritorno a casa.”
“Non era quello che volevi?” scherzò.
Lei rise. “Il primo giorno… solo il primo giorno” precisò.
“E poi, cosa è successo?”
Catherine lo guardò, rimanendo in silenzio. “Poi ho conosciuto te.”
Distolse lo sguardo subito… non poteva averlo detto veramente!
Poi riflettè che Tyler era davvero importante per lei e lo era diventato nel giro di pochissimi giorni, perché le aveva mostrato la vera felicità.
“A volte ti invidio, sai? Invidio il tuo lavoro, come lo gestisci e i luoghi dove vivi… piacerebbe anche a me rimanere qui.”
“E’ interessante e bello, te lo assicuro, ma non impossibile” le disse.
Catherine lo guardò stupita.
“Adesso è meglio tornare alle tende” le porse la mano.
Quella notte Catherine non si addormentò subito, ma desiderò rimanere sveglia il più possibile, per prolungare la sua permanenza in quella che era stata la vacanza più bella della sua vita.
Il giorno dopo all’ aeroporto si sforzò di trattenere le lacrime, mentre salutava Tyler che la guardò a lungo con la solita intensità; inspirò profondamente e poi percorse il lungo tunnel, sentendo una stretta al cuore e il magone alla gola.
Ferma in coda, guardò la sua valigia e, all’ improvviso, scoppiò a ridere.
Si voltò di scatto e prese a farsi strada tra la gente, mentre il sorriso non le abbandonava il viso.
“per ogni lacrima versata, ti spettano almeno un migliaio di sorrisi”.
Percorse rapida il tragitto che la riportò all’ esterno; uscì con il fiatone e mosse la testa per cercare Tyler… sperava fosse ancora lì.
“Hai dimenticato qualcosa?” sentì dire all’ improvviso.
Si voltò e lo vide.
“Direi proprio di sì…” rispose “e tu?” gli chiese a sua volta.
Tyler sorrise. “Direi proprio di sì” ripetè.
Rimasero in silenzio più di qualche secondo.
“Posso offrirti solo una cosa” e portò una mano al petto “è qui dentro ed è quello che hai sentito battere l’ altra sera… nient’ altro.”
Catherine si morse le labbra “può bastare… credo proprio che possa bastare” riuscì a dire con un filo di voce.
Si guardarono intensamente, poi lui si avvicinò e la prese tra le braccia, mentre lei si lasciava andare a quella stretta decisa e rassicurante, come solo lui avrebbe mai saputo darle.
Prima di andar via con lui, Catherine guardò l’ aeroporto… quello era solo il passato.
Rivolse poi lo sguardo a Tyler, mentre tutto intorno scompariva e i suoi occhi vedevano solo lui, che le sorrideva teneramente all’ interno di quella dolce espressione che era riuscita a ridarle la gioia di vivere.
Tyler le tese la mano e lei, dopo aver sorriso, la strinse nella sua.

**Racconto pubblicato in data 23 gennaio 2020**

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3 pensieri riguardo “Racconto3

  1. Bello con descrizioni che ti fanno davvero vedere i luoghi descritti. Le emozioni poi sono raccontate come se provate personalmente . mi sembrava di leggere un racconto delle riviste che compro saltuariamente complimenti.

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